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Inserito da Webmaster il 30 Novembre 2011  •  Commenti  • 

Quando arrivai a Male, capitale delle Maldive situata nell'omonimo atollo (vedi immagine sopra), l'ufficio della Nazioni Unite era ancora gestito come parte dell'ufficio di Colombo, capitale dello Sri Lanka. Sebbene io rappresentassi l'UNDP a Male, formalmente io ero vice-rappresentante dell'ufficio di Colombo, residente appunto,alle Maldive: Il rappresentante era il Sig. W.W. Kim, coreano, residente da anni negli Stati Uniti, e visitava Le Maldive un paio di volte l'anno. L'ufficio era anomalo per molti versi. Innanzi tutto non avevamo nessun veicolo terrestre. Io avevo acquistato personalmente un "golf cart", cioè una delle piccole autovetture elettriche da campo da golf, che mettevo a disposizione dell'Ufficio, e usavo personalmente molto poco. In compenso, facevo caricare le batterie con l'elettricità dell'Ufficio stesso, il che equilibrava la mia spesa economica, in quanto l'elettricità era molto cara a Male.
Per il resto, a Male ci spostavamo in bicicletta o a piedi, ma l'ufficio delle Nazioni Unite aveva un battello ufficiale, che si chiamava "Sulha", cioè Pace. Io però, nell'anno successivo, avrei avuto bisogno di mandare i miei figli a scuola in uno dei "ressorts" dove parlavano il francese (lingua nella quale all'epoca studiavano i miei figli) ed avevo bisogno di una barca mia, non potendo mettere a disposizione della mia famiglia l'unica barca "ufficiale". Infatti, mia moglie partiva in barca la mattina alle sei con i bambini diretta alla'isola di Tulageri, dove c'era un'insegnante svizzera che seguiva i miei figli e il figlio del gestore del ressort, e ritornava alle cinque del pomeriggio. Perciò ordinai ad un cantiere navale di Sri Lanka, una barca di dodici metri con motore diesel entrobordo da trentacinque cavalli e la portai a Male. L'imbarcazione fu battezzata "Vesuvio" e permise a me e la mia famiglia di godere della festa settimanale (il venerdì, secondo la tradizione islamica del paese), andando in giro per l'arcipalego. Io avevo la fortuna di possedere uno dei due permessi per pesca subaquea (col fucile). Tale pesca era generalmente vietata nel paese, ed io utilizzavo tale privilegio per procurarmi solo il pesce strettamente necessario al nutrimento della mia famiglia nel corso del mio unico giorno di vacanza settimanale (alle Maldive i giorni lavorativi settimanali erano sei). Si partiva il giovedì pomeriggio, si dormiva in barca, all'ancora, in un'isola; si rimaneva per la giornata e si ritornava a Male la sera al crepuscolo. Il permesso di caccia subacquea ci permetteva di mangiare pesce fresco appena pescato, perché con l'abbondanza che c'era, era abbastanza facile arpionare un pesce capace di nutrire tutta la famiglia. Avevo ricostruito una casetta per le vacanze dai ruderi di una costruzione abbandonata, nell'isola di Thulustoo, che mi era stata messa a disposizione del capo del'isola, perché a noi non piaceva sostare nelle isole-albergo,frequentate, ovviamente, da turisti, ma preferivamo le isole abitate, che ci permettevano di conoscere meglio i maldiviani.
Ho diversi ricordi simpatici delle Maldive, che è il paese in cui i nostri figli fecero la transizione dal sistema scolastico francese a quello inglese. Il secondo anno, infatti, li iscrivemmo alla locale "Majidi School", che aveva, appunto un sistema inglese. Quando il preside ci disse che i nostri figli sarebbero stati esonerati dall'ora di religione (ovviamente islamica), noi rifiutammo e chiedemmo che essi rimanessero: anche se la nostra religione era cristiana cattolica, non avrebbe fatto loro male di imparare qualcosa anche dell'Islam! I nostri figli si integrarono benissimo nella società maldiviana e nella scuola.
Ho un altro episodio simpatico da raccontare. La scuola organizzava periodicamente delle "rappresentazioni teatrali", in cui, secondo la tradizione anglosassone, partecipavano un gran numero di allievi. Nella fattispecie la scuola organizzò una specie di defilée in cui gli alunni rappresentavano coppie di bambini provenienti da diversi paesi. L'italia non era rappresentata: l'unico paese di "bianchi" era Il Regno Unito di Gran Bretagna e mio figlio Lorenzo rappresentò, appunto, quel Paese. Ma la cosa buffa fu che, come sua compagna, fosse scelta la figlia del presidente Gayoom, appunto a causa della sua carnagione chiara. Così, alla sfilata, l'Inghilterra fu rappresentata da un bambino italiano e una bambina dell'Elite maldiviana.
Ho un'altra storia interessante che riguarda, appunto, il presidente Gayoom. Al momento di lasciare il Paese, per il mio trasferimento in Indonesia, secondo la tradizione delle Nazioni Unite, dovevo fare una visita protocollare per accomiatarmi dal paese, simile a quella che avevo, a suo tempo, fatto per presentare le mie credenziali. In quel caso il Ministero del Piano, che era quello con cui avevo maggiormente avuto i miei contatti di lavoro giornalieri, aveva suggerito la visita al presidente stesso. Durante la mia visita che era durata una buona mezz'ora, io avevo anche colto l'occasione per dare al presidente stesso i miei personali consigli "tecnici" sulle possibili strategie di sviluppo del suo paese. Non tralasciai niente, nemmeno gli argomenti che erano impopolari per il regime, come quello della diversificazione dell'economia, troppo accentrata, secondo me, sul turismo. E ne esposi le ragioni: soprattutto perché tale strategia metteva il paese alla mercé di pochi (alla'epoca non più di quattro o cinque) operatori turistici internazionali.
Diciassette anni dopo, dovetti recarmi a Male nel quadro di una negoziazione di prestito tra il governo ed una nota agenzia di finanziamento del sistema delle Nazioni Unite, in cui il mio datore di lavoro del tempo, che si chiamava Office of Project Services, (OPS) aveva il ruolo di "cooperating institution" per il finanziamento "rimborsabile" di un progetto di sviluppo. Il ruolo, cioè, di un'istituzione che, cooperando con entrambi, e cioè con l'agenzia che concedeva il prestito ed il governo beneficiario del prestito stesso, assicurava la corretta implementazione del progetto stesso. Nella fase precedente alla firma dell'accordo di prestito, però, la "cooperating institution" aveva solo un ruolo di osservatore: il suo ruolo ufficiale incomincia solo alla firma dell'accordo di prestito. Normalmente le "negoziazioni di prestito" avvengono nella sede dell'agenzia che concede il prestito stesso, ma in quel caso il Governo Maldiviano aveva chiesto - e ottenuto - che le negoziazioni avvenissero a Male. Il ministro era un giovane che avevo formato io stesso: era stato più volte in stage nel mio ufficio quando io organizzavo corsi di formulazione di progetti di sviluppo e, benché fosse più giovane di me di una buona decina d'anni, avevamo molto "legato" in termini intellettuali ed emozionali. Ora, diciassette anni dopo, me lo ritrovavo ministro del piano del suo paese, in una negoziazione in cui io non avevo, ufficialmente, che un ruolo di osservatore. Le negoziazioni si rivelarono immediatamente molto difficili: non solamente l'accordo di prestito proposto conteneva delle clausole poco usuali, ma il capo dell'equipe di negoziatori non sembrava avere discrezionalità nelle decisioni da prendere. Ogni giorno si finiva il lavoro con una lista di punti controversi da risolvere e durante la notte il capo missione telefonava alla sua sede per chiedere istruzioni. La cosa andò avanti molto lentamente, e devo dire che per me fu una vera e propria sofferenza: io sapevo che il ministro era molto ben preparato sull'argomento e, conoscendolo, mi accorgevo che spesso stuzzicava il capo missione, per la sua testardaggine. Ricordo, in maniera particolare una clausola che avrebbe potuto essere interpretata come un'intromissione nella "sovranità nazionale" ed io sapevo quanto i maldiviani fossero sensibili all'argomento. Quando ripresero le negoziazioni, dopo la pausa pranzo, il ministro esordì con le parole: "Come Franco sa, perché è lui stesso che me l'ha insegnato …", il che mi mise in forte imbarazzo col capo missione, che sospettoso com'era, sospettava che io avessi riferito le nostre schermaglie che avvenivano dietro le quinte, cioè in assenza della controparte maldiviana. I suoi sospetti erano totalmente infondati, e la cosa avrebbe dovuto essere chiara anche a lui, dal momento che non avevo mai lasciato la sua compagnia: avevamo discusso, battagliato e consumato il pasto sempre insieme. L'indomani, prima della pausa pranzo, il Miniostro disse a tutti che lui ed io avremmo dovuto assentarci per andare ad un appuntamento, il che era assolutamente nuovo per me, e non faceva che aumentare i sospetti del mio sospettosissimo capo missione. Con mio grande stupore ci recammo direttamente al palazzo presidenziale dove, così mi disse il ministro, lo stesso presidente mi aspettava. E così fu! Il ministro non entrò nemmeno all'udienza: c'eravamo solo io e il presidente. Dopo i convenevoli, in cui lui mi disse che apprezzava la mia conoscenza del paese ed il fatto che i "loro" interessi nazionali mi stavano sempre a cuore (dimostrando così di essere al corrente delle difficoltà che stavamo incontrando), tirò fuori una lista di cose ed incominciò ad enumerarle una ad una. Con mo grande stupore mi resi conto che si trattava degli argomenti che avevo dicusso con lui stesso diciassette anni prima! In alcuni casi, mi spiegò, lui aveva tenuto conto delle mie indicazioni ed enumerò con precisione quali erano state le misure intraprese. In altri casi, mi disse, aveva avuto ragione lui! E continuò ad elencarmene le ragioni. Confesso che rimasi commosso e sbigottito. Commosso che un capo di stato si fosse degnato di scrivere le mie elucubrazioni mentali riguardanti i possibili sviluppi economici e sociali del suo paese.
Sbigottito, perché diciassette anni prima, io non avevo lasciato nessun documento come pro-memoria: la lista che il presidente aveva era stata chiaramente ricostruita a memoria; in un mondo come il mio, dove i politici hanno quasi sempre ragione, e i tecnici spessissimo torto, confesso con "coquettrie" che la cosa mi fece molto piacere.
Come "ciliegina sulla torta a valore quasi aneddotico, le negoziazioni di prestito furono coronate da successo, ma io non assunsi mai la gestione di quel progetto, perché dopo qualche mese fui trasferito a Roma alla sede del WFP. Oggi, con il cosiddetto "senno del poi" sospetto, però, che negli uffici che ci erano stati assegnati ci fossero dei microfoni nascosti: la controparte maldiviana sembrava sapere perfettamente quello che i membri del gruppo si dicevano quando erano soli (o, meglio, quando credevamo di esserlo!).
Quanto alla mia polemica col capo missione, io consegnai tutte le discussioni nel mio "back-to-office-report" e tanto il mio capo diretto che i suoi superiori, dettero ragione a me!