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cinque anni di Roma

Inserito da Webmaster l' 8 Dicembre 2011  •  Commenti  • 

Un giorno, quando ero a New York, ricevetti una telefonata dal Programma Alimentare Mondiale (PAM in francese e in italiano, e WFP in inglese), la prima organizzazione delle Nazioni Unite per la quale io abbia lavorato, e di cui sono stato il rappresentante in Ciad. L'amministrazione era ancora affidata alla FAO, ma di recente era stato ufficialmente deciso di creare un sistema amministrativo autonomo. Mi fu chiesto di diventare il primo "capo storico" dell'Amministrazione del Programma, che sarebbe stato istituito nella Divisione del Personale, la quale aveva già cambiato il suo acronimo in "Division of Human Resources and Administration". Oltre a diventare il primo storico capo della sezione Amministrazione, avrei dovuto creare la struttura di risorse umane e tecniche per prendere gradualmente in carica tutte le funzioni amministrative: ricordo che chiesi cosa ne pensasse la FAO, e mi risposero che era perfettamente d'accordo.
La mia prima preoccupazione, infatti era derivante dal fatto che io stesso sono sempre stato molto attaccato a quella che per me era ed è "Mamma FAO": non solo mio padre è stato un funzionario FAO per più di vent'anni, ma io stesso ho preparato la mia tesi di laurea nella biblioteca della FAO, aiutato in ciò dagli amici e colleghi di mio padre. Non avrei mai accettato di operare azioni che fossero dispiaciute a "Mamma FAO". Una volta arrivato a Roma, scoprii, invece che la FAO aveva dato un consenso molto riluttante, sotto la spinta "indipendentista" del Programma.
Il mio arrivo a Roma fu molto istruttivo: erano anni che non abitavo in Italia, e l'unica proprietà immobiliare che possedevo era a Silvi Marina, a nord di Pescara, una casa al mare dove ogni anno andavano, per più di tre mesi, Antonella e i bambini. Io li raggiungevo per le mie vacanze che non duravano mai più di quattro settimane l'anno. Non avevo mai vissuto a Roma e all'arrivo, con mia moglie, facemmo la stessa operazione che avevamo fatto otto anni prima alla'arrivo a New York: cercammo una casa in una località lontana dal Centro. Non ricordo come Antonella arrivò ad Albano laziale, ma per il primo anno prendemmo in fitto un appartamento. Poi comprammo un terreno agricolo con casa nella vicina Lanuvio. Uno dei primi vividi ricordi di Roma fu un "giro turistico" che mi fece fare un mio vecchio amico e collega - Maurizio Gnocchi - che avevo, rincontrato e conosciuto meglio a New York dove anche lui aveva risieduto. Passando in macchina mi indicò un lato della strada e mi disse che quello era il Quartiere Ebraico di Roma. Io trovai la cosa interessante, ma non feci commenti. Lui mi guardò per un attimo, poi mi disse, in tono serio: "Franco, qui è dove veniva San Paolo quando veniva a Roma!" Fu solo allora che la grandezza storica della nostra capitale mi colpì, e anche il fatto che gli ebrei abitassero Roma da prima dell'epoca di Cristo!
A Roma il mio lavoro si dimostrò interessante e coinvolgente: in breve il mio ufficio assunse direttamente tutte le funzioni amministrative: dagli acquisti di materiale ai contratti e agli inventari (tanto quelli della sede, che quelli di tutti gli uffici nei vari Paesi); dalla manutenzione degli immobili e degli ascensori alla gestione pratica dell'Accordo di Sede (a suo tempo firmato col Ministero degli Affari Esteri italiano); dalla sicurezza, alla stampa di documenti. Erano tutti servizi fino ad allora effettuati dalla FAO, e ne assunsi la gestione per conto del Programma. Mi accorsi che a tutti questi si aggiungeva anche la fuzione riguardante le telecomunicazioni quando, quattro settimane prima della scadenza, fui informato che la FAO stava cambiando il suo sistema telefonico e che avrei dovuto provvedere all'uopo. Malgrado che fossimo sstati colti di sorpresa, finimmo l'istallazione del nuovo sisitema telefonico un giorno prima della FAO stessa! Devo dire che il personale da me gestito era di prima classe, tanto in termini di preparazione, che di dedizione al lavoro, e che mi dettero sempre il massimo! Ovviamente ci furono anche aspetti negativi. Per fare solo un esempio, una persona che avevo reclutato io stesso, cioè senza presentazioni o raccomandazioni di nessuno, si dimostrò subito una serpe in seno e, già da qualche settimana dopo il suo reclutamento iniziò a tramare per prendere il mio posto! E, nel tempo conquistò la fiducia di una persona che era molto vicina all'allora nuova direttrice esecutiva del Programma che era una persona molto difficile e autoritaria. Quando iniziarono ad informarmi che la persona in questione andava in giro negli uffici denigrando il mio operato e la mia persona, era ormai troppo tardi: aveva delle protezioni che la rendevano intoccabile. Oggi quella persona (di cui, voglio sottolinearlo, non menziono né il sesso né la nazionalità) lavora in un'altra organizzazione delle Nazioni Unite con sede in Roma, dove è stata "parcheggiata", senza un ruolo attivo importante (anche se, ovviamente, percepisce ancora lo stipendio). Anche se possono esservi stati casi di miei collaboratori che hanno approfittato della mia fiducia in loro, sono stato estremamente fortunato nella qualità e dedizione dei miei collaboratori!
Vorrei, per finire citare un paio di episodi simpatici che si riferiscono a quel periodo. C'era un problema di insufficienza del sistema di aria condizionata centralizzata nell'immobile che occupavamo all'epoca, e che era in affitto. Per ovviarvi avevamo acquistato un congruo numero di "cooling fans", cioè di ventilatori che contengono un sistema capillare di tubi in cui passa dell'acqua, che, evaporando contribuisce a diminuire la temperatura. Un mio collaboratore italiano, che parlava un inglese fluente, ma anche abbastanza maccheronico, si riferiva sempre a quegli aggeggi come a "fan cooling", che in inglese suonava molto come l'espressione americana fancul', introdotta nell'inglese americano dai film di gangster di origine italiana e usati, oggi, da tutti gli americani, anche quelli di origine anglosassone, latinamericana o afroamericana. Un Agosto, mentre, io ero in vacanza a Silvi Marina, la mia sezione ricevette una richiesta di informazione dal consiglio dei direttori. In mia assenza ci andò un avvocato di nazionalità srilankiana, che lavorava nella sezione contratti, e che mi sostituiva durante la mia vacanza. Prima di andare al "Gran Consiglio", l'avvocato si informò col mio collaboratore, il quale gli confermò che avevamo acquistato un centinaio di "fan cooling". Pur avendo vissuto in Italia per alcuni anni, il mio facente funzione non conosceva bene l'italiano ed a lui sfuggì il fatto che dire "fan cooling" poteva dare adito a imbarazzanti ma divertenti giochi di parole dall'espressione inglese alla lingua italiana. E ciò avvenne in condizioni tali che qualcuno, il giorno dopo, mi tefonò a Silvi per informarmi dell'accaduto. La cosa andò così: quando gli chiesero cosa la divisione stesse facendo per ovviare al caldo di Agosto e alla chiara insufficienza del sistema di aria condizionata, egli disse: "I am happy to confirm that we have a lot of fan-cooling coming!" Al che la direttrice, di nazionalità americana e di chiara origine italiana (aveva un cognome italiano) rispose di botto: "I'm sure you deservedly will!" dove l'avverbio in questione, che significa "meritatamente" si riferiva a quello che l'espressione usata dal mio collaboratore, un po' sgrammaticata in inglese, significava in Italia e negli USA! Ripeto, a questo proposito, che fancul' è oggi entrata nel lessico parlato degli Stati Uniti, ed è usata anche da Americani non di origine italiana. In ogni caso, nelle organizzazioni internazionali con sede in Roma, per diversi anni successivi, circolò la battuta che la sezione amministrativa del WFP aveva meritatamente acquisito un sacco di "fanculi" da tutto il Programma!
Vorrei citare anche un altro episodio che, pur non essendo, forse, altrettanto divertente da raccontare, mi diede una soddisfazione molto maggiore. La mia inimicizia con la Direzione del Programma, generata dalla "serpe in seno" di cui ho già parlato, aveva creato una situazione particolare. Io avevo deciso di ritornare in un ufficio di terreno, alla fine del mio "prestito" di cinque anni al Programma. Verso la fine dei cinque anni, posi la questione alla direttrice della mia divisione quella delle Risorse Umane, che era una persona splendida, seria e di cui avevo tutto il supporto. Dopo aver consultato la "sua" direzione (cioè l'ufficio del Direttore Esecutivo), mi aveva detto che il Programma aveva l'intenzione di trattenere i miei servigi e di far domanda come direttore di un ufficio di terreno, cosa che avevo fatto. La direttrice in questione lasciò, poi, il suo incarico per andare lla Banca Mondiale, e a me dispiacque moltissimo, ma non mi preoccupai per la mia carriera futura, vista la decisione che mi era stata comunicata e l'avvicinarsi della fine dei miei cinque anni a Roma. Mi giunse, però, una telefonata dagli Stati Uniti, qualcuno a New York era venuto a sapere che la "Direzione del Programma" mi stava preparando un tranello: aveva segretamente sparsa la voce tra i Direttori di Divisione, che io non ero "persona grata" all'Ufficio del Direttore Esecutivo e che non sarebbe stato ben visto il richiedermi come direttore di un ufficio locale! Confesso che la cosa non mi stupì più di tanto: io ho un ottimo profilo per un ufficio di terreno, e, se non ero ancora richiesto a due mesi dalla fine del mio "secondment", qualcosa era sbagliato. Mi informai e fui fortunato: all'Istituto di Formazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, con sede in Torino si teneva un corso per Coordinatori Residenti delle Nazioni Uite, al quale partecipava come docente, il capo del Personale dell'UNDP, che io conoscevo molto bene. Presi due giorni di ferie, e il treno per Torino, dove incontrai il capo del personale e gli indicai la mia intensione di ritornare alla'UNDP, ma anche la mia preferenza per un lavoro di terreno (opposto ad uno nella Sede). Doveva essere già pronto a farlo, perché mi disse immediatamente che aveva saputo della qualità del mio lavoro e degli "ottimi risultati" ottenuti (sono parole sue). Mi propose il posto di Direttore delle Operazioni In Afghanistan, sottolineando che sarei stato il vice non del rappresentante dell'UNDP, ma del "UN Resident Coordinator, una figura allora nuova, che era appena stata identificata e che avrebbe coordinato tutte le agenzie delle Nazioni Unite presenti in un Paese in qualsiasi momento (e della cui formazione si stavano occupando a Torino proprio in quel momento).
Accettai immediatamente con entusiasmo, e presi i primi accordi formali per la fine del mio "secondment" a Roma e per il mio "ritorno" all'UNDP (organizzazione con la quale avevo un contratto permanente). La mia gita a Torino era andata alla grande! La mia funzione sarebbe stata superiore a quella di un qualsiasi Direttore di un Ufficio locale del WFP! Ritornato a Roma, però, non dissi niente a nessuno (tranne, ovviamente, alla mia famiglia). Qualche settimana prima della fine del mio secondment, fui chiamato in ufficio dal mio collega capo ufficio del cosiddetto "Placement", che si occupava appunto di piazzare i vari membri del personale. Non solo Roger era un amico, ma anche una persona molto seria e giusta: il suo grande imbarazzo si vedeva chiaramente e drammaticamente nella sua faccia onesta. Dopo avermi detto che nessuno mi aveva ancora richiesto come direttore di un ufficio decentralizzato, mi disse, con tristezza che sarei ritornato all'UNDP e non mi nascose che questo fatto avrebbe potuto essere interpretato come uno "sviluppo negativo" della mia carriera, e si offrì di tentare di minimizzare tale possibile impressione.
A questo punto, io mi battei la fronte per indicare la mia smemoratezza e gli confessai di avere già in tasca la nomina a Direttore delle Operazioni dell'Ufficio del Coordinatore Residente di Kabul Ufficio che era "rilocato" a Islamabad - Pakistan. Gli spiegai che avrei diretto le operazioni congiunte finanziate e coordinate da UNDP e UNOCHA (l'ufficio di coordinazione degli affari umanitari) e gli mostrai anche le carte ufficiali, le cui copie avevo portato con me e che gli lasciai. Ricordo che Roger ebbe grandissima difficoltà a non scoppiare dal ridere, mi dette una pacca sulla spalla, ma poco dopo si asciugò una lacrima di sollievo: io credo che lui fosse al corrente del tiro mancino che l'ufficio della "gran capa" mi aveva preparato, ma, ovviamente, non poteva parlarmene. Devo dire che dal giorno dopo iniziai a ricevere messaggi di congratulazioni dagli stessi direttori che non avevano avuto il coraggio di scegliermi.
E fu un momento di trionfo nella mia quinquennale missione romana, piena di soddisfazioni, ma anche di grosse frustrazioni!
Io ero e rimango un uomo di terreno, e gli intrighi di palazzo mi fanno sistematicamente "incavolare", per utilizzare un termine agricolo. Sarebbe però più indicato un altro termine, più comune!